da Stefano Zazzi, Trasportati dal Suo Amore, 3-4 novembre 2016

La sfilata ebbe l’ordine solito: Morignone, Piatta, Oga, Cepina, Isolaccia,
Semogo, Pedenosso, Premadio, Valfurva, Bormio
Le immagini dei grandiosi archi trionfanti, gli oggetti della devozione, accanto alla partecipazione sempre straordinaria, testimoniano nettissimamente come Egli abbia rappresentato per secoli un faro di luce vivida, un simbolo di affratellamento e di amore.
Dopo quello indetto per celebrare i 2000 anni dalla nascita di Cristo, questo nuovo Trasporto, convocato in concomitanza del Giubileo della Misericordia, voluto da Papa Francesco, ha suscitato entusiasmo ed un grande fervore tra i credenti. Tra le numerose serate ideate dal nostro arciprete, è risultato particolarmente incisivo l’incontro con il biblista don Marco Cairoli, che ha introdotto ai Vangeli della Passione nel corso di una toccante serata in Sant’Ignazio.
Il S.S. Crocifisso di Combo è da secoli un intenso richiamo spirituale per le popolazioni di Bormio e valli: la realistica immagine del Cristo in croce, la cui origine ha ad oggi contorni indefiniti, rappresenta al vivo la passione di Gesù.
Come ha indicato il carissimo ed indimenticato don Carlo Bozzi sulle tracce del Bardea, la prima “solenne processione con concorso delle onorate Valli” si svolse il 10 maggio del 1733 (recenti ricerche archivistiche condotte da Ilario Silvestri, anticiperebbero tuttavia di un anno tale evento).
Da quella data si ricorse frequentemente al taumaturgico Crocifisso ligneo: nel Settecento si registrano ben ventisette trasferimenti della Croce, ed altrettanto avvenne nell’Ottocento.
“Bastava una persistente siccità, o che il maltempo si prolungasse, o la minaccia di qualche epidemia, che si ricorreva al Crocifisso”.
Nel Novecento vennero convocati anche per grazia ricevuta dopo le grandi guerre. Il Trasporto veniva indetto dall’autorità comunale, che informava l’autorità religiosa perché provvedesse alla sua esecuzione.
Sempre don Carlo riferiva che la stessa autorità nominava un “delegato a soprintendere al Trasporto”, come fu ad esempio il canonico Gabriele Agostino Zuccola, uno dei principali promotori della devozione al Crocifisso di Combo. Il Comune nominava anche delegati per curare l’amministrazione del Trasporto, compito che dal 1826 venne poi affidato alla Fabbriceria della Parrocchia. Quelli degli anni 1773 e 1774, stagioni durissime per il Contado, sono ricordati in una “Cronaca” di Giovanni Antonio Zamboni di Sant’Antonio Morignone.
Il 10 agosto1773, festa di San Lorenzo, solenne fonzione con il trasporto del
Santo Crocifisso processionalmente prima esposto in S. Gervasio sull’Altare Maggiore ivi parimenti deposto a publica venerazione.
Tale solenne fonzione fu fatta stante le grandi calamità e miserie per ogni parte s’ode sucedere di tanto in tanto solo disgrazie e stante le malatie serpegianti anche nel Contado e stagioni improprie e grandi penurie e carestia di viveri, non più statto un anno simile a ricordo di persone. Grande arsura per ogni parte, le faglie de bedogni s’imbianchano a guisa dell’Autunno ne terreni duri, così pure le foglie delle erbe si stritolano sotto li piedi, crepando la terra dietro a sentieri; per ogni parte s’ode far del Bene per ottenere la grazia della tanto necessitata pioggia; n’é stato ordinato dal nostro Publico di levare il Miracolosissimo Santo Crocifisso di Compo, a tal fine dattone l’aviso li 10 (agosto 1774) con l’invitto delle Valli d ‘intervenire in Bormio alle 12 hore a levarlo Processionalmente in ordine al solito la vegente Domenica del 18 agosto”.

di Valdidentro in concorso con quelli della frazione di Buglio.
Con i trasporti del XIX secolo assume maggior rilievo la figura del predicatore, che interveniva in occasione dei Vespri e delle due Processioni.
Nel 1850 e nel 1865 fu invitato il dotto bormino don Martino Anzi, allora professore del Seminario di Como. Dal 1893 vi fu l’intervento di un Vescovo: quell’anno intervenne Mons. Andrea Ferrari, poi cardinale a Milano. Nel 1905 Mons. Teodoro Valfré di Bonzo, fino a due mesi prima Vescovo di Como. Nel 1922 presenziò Mons. Luigi Versilia, Vescovo salesiano che subirà il martirio nel 1930. Nel 1947 fu presente il Vescovo missionario Mons. Lanfranconi. A partire dall’Ottocento, per tributare più solenni onoranze al Crocifisso, si costruirono archi o porte trionfanti. Tra i documenti del Trasporto del 1865 è conservato il disegno di uno di questi archi; negli anni successivi saranno le immagini fotografiche a riproporci queste creazioni che sorgevano tra le vie del paese. Apprendiamo ancora da don Carlo Bozzi che il Trasporto del 1893 portò con sé una serie di innovazioni, e per la prima volta si stamparono grandi manifesti con l’annuncio della solennità religiosa, affissi in tutti i paesi della Valtellina; parteciparono alle processioni le bande di Bormio e Piatta, e venne promosso addirittura uno spettacolo pirotecnico nella prateria di Feleit e un altro in piazza della chiesa. Soltanto con i Trasporti del Novecento si diffuse un certo volontariato; prima infatti i materiali e le giornate venivano rimborsate e pagate con quanto si raccoglieva dalla popolazione.
Nell’estate del 1905 venne stampata in occasione dell’evento un’edizione straordinaria di “Bormio e le sue valli”, che raggiunse la tiratura di 3500 copie.
Nelle contrade vennero erette numerose porte trionfali; per la più imponente all’ingresso del sagrato della Collegiata vennero condotti due carri e sessanta gerle di muschio. Una “galleria”, strutturata in quattordici arcate, decorava un tratto di via della Vittoria presso la chiesa li San Gottardo. Altre porte riccamente ornate erano a Combo, a San Sebastiano, a Santa Barbara e San Vitale.
‘’Nasceva nei cuori una santa gioia che saliva, si spandeva, comunicandosi; i numerosi terrieri accorsi dalle valli, scesi dai paeselli si mescolavano ai forestieri, provenienti anche dagli stabilimenti vicini, che meravigliati guardavano a tanta fide viva e operosa”.
L’ultimo giorno del Triduo fu straordinario: «Tutte le campane del borgo Suonavano a festa e su, nel cielo, in un lembo d’azzurro, il sole brillava… L’interminabile processione si svolse lenta, tra il verde ed i fiori, spiegando al sole i lucciore dell’oro, le vivaci tinte delle cappe, il candore dei veli,… onorando quel bruno Cristo antico, dal volto ineffabilmente doloroso…”.
Trascorrono due soli lustri e la Chiesa del Crocifisso è sede di una batteria di artiglieria, d’un magazzino per fieno, paglia e biada. La guerra, dura e aspra, investe le alte vette intorno a Bormio. Momenti drammatici di una tragicità somma. Per le campagne, nei villaggi, scendeva con la sera il terrore. Nel cielo boati e bagliori, poi la pioggia dei frammenti, sulle terrazze, sui tetti, sulle strade. I proiettili si susseguivano con un crescendo impressionante; cadevano tra le adiacenze dei caseggiati, sulle vie, sulle piazze. Le soffitte erano deserte, popolati i sotterranei. Per sottrarre l’immagine sacra del Crocifisso ai pericoli, un mattino di settembre del 1915 un piccolo corteo di devoti conduce il Santo simulacro alla chiesa maggiore, l’unica non occupata dall’Autorità militare.
Furono giorni tragici e nel 1918 arrivò persino l’ordine di sgomberare il paese, perché il pericolo era grande. Intervenne a quel punto il Sindaco Edoardo Meraldi e disse: «Bormio è sotto la protezione del nostro taumaturgo Crocifisso che ha salvato il nostro paese sempre, anche in tanti altri pericoli gravi.
Io mi rendo garante e nessuno si muova dal paese. Dio ci proteggerà”.
Il voto fu sciolto nel 1922, quando venne costituito il Comitato promotore delle feste per il nuovo Trasporto. Le Chiese vennero parate artisticamente dalla ditta Ferrario di Busto Arsizio. Per il programma musicale delle varie funzioni si ricorse alla Schola Cantorum degli Artigianelli di Monza.
Anche in questa occasione si poterono ammirare luminarie e spettacoli pirotecnici che superarono per splendore quelli del 1893 e del 1905:
“La via lattea, le stelle cadenti, i canti lontani, la borgata illuminata, tutto parla un Linguaggio ideale. Si scorda ogni affanno, ogni dolore, ogni miseria della vita, ci si associa alla gioia comune” (G. Motta).
Ricordava Cirilla Mosconi: Hanno schierato le bombe, cinte dal tricolore, sulla strada della processione, per ringraziare il Santo Crocifisso che di tutte le bombe cadute nessuna era scoppiata”.
Le cronache riferiscono che a questo trasporto, per lo scampato pericolo dopo la grande guerra, intervennero non meno di diecimila persone del mandamento, della Valtellina tutta, della Val Monastero e del Tirolo.

Il 26 agosto 1934 ebbe luogo la solenne incoronazione del Crocifisso: i festeggiamenti ebbero inizio come da tradizione la sera di giovedì 23 con il “Trasporto” dalla chiesa di Combo alla parrocchiale, e si conclusero con il ritorno del Cristo alla sua nicchia nel Santuario di Combo.
La domenica, nella giornata del trionfo, si registrano presenze di fedeli da Sondrio, Tirano, Grosio, Sondalo, Morignone, Cepina; ed inoltre Piatta, Oga, Valfurva, Trepalle e Livigno; un centinaio di pellegrini giunsero anche dalla Val Monastero. La corona venne fusa con l’oro e l’argento offerti dalla popolazione bormiese, che con entusiasmo aderì alla proposta dell’allora arciprete don Evaristo Peccedi. I fratelli Borghi di Malnate realizzarono l’opera in argento massiccio indorato, del peso di 782 grammi, composta da ben 54 spine in oro massiccio; sulla fronte vennero inseriti 14 rubini a goccia del Siam. Riportava poi la dedica: Quam spinis in textarn – in capiteChristi impi posuere – auream renovat coronam – pietas Burmiensium – Hum Redemptionis – anno jubilari MCMXXXIV”.
Il successivo trasporto del 1947 fu promosso solennemente per sciogliere un voto fatto dall’arciprete Peccedi: nell’autunno del 1943, quando i nostri giovani strappati alle case dalla guerra erano lontani e dispersi, egli presentava al divino Crocifisso il pianto delle madri e il dolore dei soldati, formulando a nome del popolo il voto affinché queste sofferenze fossero offerte propiziatorie di pace.
Un Trasporto di riconoscenza, nel trionfo del Crocifisso, che i reduci vollero portare per le vie del borgo, anche per coloro che non fecero ritorno a casa.
Il triduo ebbe inizio con la toccante, ricorrente processione del giovedì alla parrocchiale: “Ognuno cammina adagio, a capo chino; ognuno ha la sua pena, e il Cristo passa Lentamente per le strade, perché tutti possano chiedere e pregare, perché nel breve tempo veda i dolori di tutti… Proteggi i campi, i prati, le spighe, sembra pregare il contadino affaticato; proteggi il mio bambino, prega una giovane madre. Cristo passa e ascolta, guarda le cose degli uomini che soffrono e pregano, guarda a coloro che non hanno e non vogliono pregare… La processione, tra due ali di folla, giunge alla Collegiata, dove l’organo accoglie il Cristo con le sue note profonde, e tutto un coro di popolo innalza il solenoide Deum di ringraziamento” (R.Z.)
La giornata di venerdì 22 agosto fu dedicata ai caduti in guerra, e culminò in una commovente “Via Crucis”. Il sabato vennero completati gli addobbi lungo le vie ed illuminati gli archi trionfanti. La domenica, giorno dell’apoteosi conclusiva, si raccolsero in Bormio non meno di 15000 persone, “una folla quale certamente il vecchio borgo non ha mai visto nella sua storia”. Del trasporto del 1984 conservo un vivo ricordo e posso raccogliere alcune riflessioni di allora. “Bormio è in festa: dopo due secoli e mezzo l’entusiasmo per il Cristo antico è andato crescendo spontaneamente, giorno dopo giorno, dall’istante in cui è uscito dal suo Santuario, tra la folla commossa, raccolta sotto un cielo grigio. Tra il verde, i fiori, il chiarore stanco dei lumi, Bormio tutta è sfilata, per il ponte e le vecchie vie, a seguire silenziosa il suo Crocifisso bruno. D’un tratto sono rinati valori e intenti; si sono ricreate immagini che pallide fotografie ci avevano riproposto, e tutti credevamo appartenenti a un passato ormai lontano. La torre, la Collegiata, e in alto i resti di San Pietro in Castello, essi pure illuminati ed addobbati, assistevano ad un evento che con gli anni avevano imparato a riconoscere.
Le comunità delle valli che fanno corona a Bormio, dell’intera Valtellina, gli ammalati vicini e lontani, tutti sono accorsi sotto le arcate settecentesche di San Gervasio e Protasio, ove il Crocifisso di Combo era stato traslato.
Padre Domenico da Brescia toccava il cuore dei presenti con riflessioni intense, che riproponevano i significati più profondi del vivere tra i monti: parlava di cose semplici, di fiori, di pinete, riproponendo il messaggio di S. Francesco d’Assisi, il più semplice, il più umile di tutti.
La gente ringraziava, in una ritrovata solidarietà; rientrava gioiosa alle case, che aveva ripulito con cura ed addobbato, perché potessero ricevere l’andare lento della processione. Quelle case dove qualcuno aveva custodito vasi di primule novelle, risparmiandole alla stagione incerta, per offrirle alla Croce.
Un’espressione vera di fede, di entusiasmo; l’entusiasmo dei padri che tutto lasciavano per onorare quel Cristo scolpito nel legno chissà quando!”.
Non resta che rievocare l’ultimo Trasporto, quello promosso in occasione del Giubileo del 2000, che fu (mi pare) il sessantesimo della storia. Una volta ancora fu straordinario il concorso dei credenti, tanto che gli ultimi fedeli della Processione giunsero alla piazza di Combo soltanto al Sanctus, un’ora dopo il Santo Crocifisso. E il vescovo Maggiolini, entusiasta, scriveva all’arciprete don Antonio: «Rendo lode alla comunità cristiana di Bormio per la grande ed attiva partecipazione, per la fede e l’impegno profuso in tutti gli splendidi addobbi e archi di trionfo lungo il percorso della Processione”
Proprio la costruzione degli archi, che ha unito giovani ed anziani sulle impalcature in un lavoro solidale e disinteressato, ha impressionato valligiani forestieri. Di grande significato quello eretto sul sagrato della parrocchiale, una sorta di piramide con un dipinto che simboleggiava la S.S. Trinità.
Tradizionali e maestosi quelli di Buglio, Maggiore e Dossiglio; fortemente innovativo quello di Combo, mirato a rappresentare la chiesa in cui, come nelle corde dell’arco, anche strade lontane si incontrano magnificando con le loro diversità la grandiosità di Dio. Questa rapida incursione nella storia dei Trasporti, ed i materiali raccolti ed esposti in mostra a Santo Spirito ed in Sala Colonne, documentano ampiamente la fedeltà della nostra comunità al Crocifisso di Combo. La scultura lignea che ha protetto e preservato il paese attraverso i secoli, mostra inesorabilmente i segni del tempo e sarà prossimamente restaurata per ritornare al primitivo splendore. Infatti al di là dell’evidente degrado, i reiterati interventi di manutenzione hanno comportato la sostanziale alterazione delle caratteristiche estetiche dell’opera, non soltanto in superficie ma anche sul modellato.

Concludo con l’auspicio che i pensieri e le riflessioni del prof Albino Garzetti, dopo il Trasporto del 1984, possano risultare attuali anche in questa ricorrenza del 2016, in cui per la prima volta i festeggiamenti si svolgeranno nel mese di novembre.
«Il progresso tecnico, la trasformazione da un’economia prevalentemente agricola ad un’altra fondala quasi esclusivamente sul turismo, sul commercio e sulle attività alberghiere, sull’artigianato, sulle professioni, l’elevazione generalizzata delle condizioni di vita, il cambiamento di mentalità e di costume connessi con l’intensità e la rapidità dell’informazione e delle comunicazioni, hanno certamente creato un’altra Bormio, assai più somigliante alle generalità dell’odierno modo di vivere dell’intera società italiana ed europea, ed assai meno chiusa nelle tradizioni della sua secolare vita appartata fra i monti.
Si poteva pensare che anche sotto l’aspetto religioso e morale questa trasformazione avesse lasciato il suo segno. Lo si temeva, e non mancavano indizi preoccupanti, nell’accorato timore che specialmente i giovani cadessero nell’indifferenza o si volgessero ad altre mete, e nella diffusa opinione che gli interessi materiali avessero ormai la prevalenza assoluta.
Questo Trasporto mi pare che abbia dissipato i dubbi e fatto rinascere le speranze. Bormio è ancora fervida di fede e sovrabbondante di generosità. Ha onorato il suo Crocifisso con ammirevole slancio, con amore sincero”.