«Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre» (Sal 145)

Essere Consiglio Pastorale

dal Vademecum per le comunità pastorali, del vescovo Oscar, 2019

VI. Direttorio per i consigli pastorali parrocchiali e di comunità pastorale (CP)

Il presente Direttorio assume il compito di offrire le indicazioni vincolanti, valevoli a livello diocesano, che riguardano gli organismi di corresponsabilità ecclesiale parrocchiali e di comunità pastorale. Le note successive si riferiscono ai consigli pastorali parrocchiali e di comunità pastorale indistintamente. Dove serve si sottolineano i necessari adattamenti per i consigli pastorali di comunità pastorali.

1. Natura

Il consiglio pastorale è un organo di comunione che, come immagine della Chiesa, esprime e realizza la corresponsabilità di tutti i fedeli (presbiteri, diaconi, consacrati e laici) alla missione della Chiesa, a livello di comunità cristiana parrocchiale.

È il luogo dove i fedeli, soprattutto i laici, possono esercitare il diritto/ dovere loro proprio, di esprimere il proprio pensiero ai pastori e comunicarlo anche agli altri fedeli, circa il bene della comunità cristiana: in tal modo esercitano nella Chiesa la missione regale di Cristo di cui sono stati fatti partecipi con i sacramenti del Battesimo e della Confermazione (CIC can. 536 § 1).

L’azione pastorale ha come soggetto proprio non il solo parroco o responsabile di comunità pastorale, né i soli ministri ordinati con la collaborazione di qualche fedele, ma l’intera comunità cristiana e questa soggettività dell’intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un’affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta.

2. Finalità

La finalità principale del consiglio pastorale sta pertanto nel ricercare, studiare e proporre conclusioni pratiche in ordine alle iniziative pastorali che riguardano le parrocchie.

Il CP è il primo e principale luogo dove la comunità cristiana, per vivere e comunicare il Vangelo, attua il “discernimento comunitario”, perché la Chiesa è inserita nel tempo che scorre dalla Pentecoste alla Parusia, e, attenta ai “segni dei tempi”, deve annunciare e offrire il Vangelo della salvezza agli uomini del proprio tempo.

È fondamentale prendere consapevolezza di questi aspetti del CP. Si tratta della condizione per la sua riuscita o il suo fallimento. Occorre evitare il rischio di pensare e impostare il CP con criteri esclusivamente sociologici. Esso va, invece, collocato sempre più nella prospettiva dell’ecclesiologia di comunione, curando la scelta delle persone, il metodo di lavoro, i passaggi procedurali e i contenuti/ temi da affrontare.

Il CP, attraverso il metodo del “discernimento comunitario”, svolge il suo compito di “consigliare” la comunità e chi la presiede.

In particolare è chiamato a:

1. analizzare approfonditamente la situazione pastorale della parrocchia o comunità pastorale;

2. elaborare il progetto pastorale, in sintonia con il cammino della Diocesi;

3. offrire il proprio contributo in ordine alle attività del consiglio pastorale vicariale;

4. avere attenzione a tutte le questioni pastorali, non esclusi i problemi pubblici e sociali della comunità, la cui trattazione e soluzione appaiono necessarie per la vita della parrocchia;

5. le questioni economiche della parrocchia di per sé sono di competenza del consiglio per gli affari economici (can. 537), tuttavia il consiglio pastorale sarà interessato a occuparsi anche degli aspetti economici, soprattutto dal punto di vista pastorale. In caso di decisioni relative a strutture della parrocchia, il consiglio pastorale è l’organismo che deve indicare soprattutto le linee orientatrici da adottare, lasciando al consiglio per gli affari economici l’impegno di occuparsi degli aspetti ‘tecnici’.

La vita e l’azione pastorale della parrocchia e della comunità pastorale non sono lasciate al caso o al succedersi estemporaneo di iniziative dovute alla buona volontà dei sacerdoti o di alcuni fedeli, o a gruppi e realtà di vario genere presenti nell’ambito della parrocchia. Va salvaguardata, invece, l’unità dell’azione pastorale e l’oggettività della stessa. Uno strumento fondamentale per realizzare una effettiva comunione e unità di azione, basata su criteri oggettivi, è il progetto pastorale. Le linee fondamentali del progetto pastorale di ogni parrocchia sono quelle disposte dalla Chiesa universale e da quella diocesana, ma queste vanno precisate per il cammino della concreta parrocchiale o comunità pastorale.

Il progetto pastorale di ogni parrocchia deve interpretare i bisogni della parrocchia, prevedere la qualità e il numero dei ministeri opportuni, scegliere le mete possibili, privilegiare gli obiettivi urgenti, disporsi alla revisione annuale del cammino fatto, mantenere la memoria dei passi già compiuti. Esso è un punto di riferimento obiettivo per tutti, presbiteri, diaconi, consacrati e laici; come pure per tutte le associazioni, i movimenti e i gruppi operanti in parrocchia. Va tenuto, infine, presente che la precisazione dei criteri oggettivi di conduzione della parrocchia favorisce la continuità della sua vita anche al di là del cambiamento dei suoi stessi pastori. Il progetto riguardi l’annuncio della Parola, la liturgia e la vita di preghiera, il servizio caritativo e la cura di contesti specifici, quali ad esempio la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pastorale dei malati e l’animazione della vita cristiana nei diversi ambiti della vita culturale e sociale. È comunque necessario che il progetto pastorale, trovi una formulazione scritta, precisa e articolata, e che sia periodicamente rivisto. Questo potrà evitare la dispersione o egemonia di persone o gruppi particolari e favorire la presenza e la crescita di tutti i fedeli con i propri carismi.

Il consiglio pastorale trova nel progetto pastorale il riferimento centrale, per fare in modo che le singole decisioni relative alla vita della parrocchia o della comunità pastorale vengano prese in continuità con lo stesso, garantendo così uno sviluppo unitario e armonico della vita parrocchiale.

Il progetto costituisce inoltre il contesto in cui il consiglio per gli affari economici deve inserire le decisioni relative agli aspetti economici della parrocchia.

Si tenga presente anzitutto il progetto pastorale che ogni parrocchia ha elaborato in vista della visita pastorale del vescovo Diego e del suo relativo decreto.

Il consiglio pastorale «ha solamente voto consultivo» (can. 536 § 2), nel senso che la deliberazione consiliare deve necessariamente comprendere il voto favorevole del parroco. Per parte sua il parroco terrà nel massimo rispetto le indicazioni espresse dal consiglio, specie se votate all’unanimità.

L’atto del consigliare si precisa come un’autentica partecipazione al discernimento ecclesiale, inteso come una valutazione comune, nel rispetto dei diversi compiti, che si alimenta dall’ascolto della Parola e sfocia in una decisione. Il consigliare richiede pertanto la pazienza dell’ascolto e il rispetto dei diversi momenti in cui si articola il confronto comune.

Il compito del presiedere è quello di mettersi al servizio della comunione, sollecitando e favorendo l’apporto di tutti rispetto alle scelte da assumere (ciascuno secondo la propria competenza e il proprio compito nella Chiesa) e garantendo il convergere verso una decisione che sia al servizio dell’unità, di cui il presidente stesso si fa in tal modo garanzia ed espressione. Il consigliare indica invece la partecipazione dei fedeli alle scelte che concernono la vita della comunità portandovi l’apporto del proprio discernimento, in vista dell’assunzione di decisioni comuni.

Qualora il parroco non si senta, per gravi motivi, di dare la sua approvazione alle proposte votate dai consiglieri, il suo rifiuto (la cui motivazione verrà verbalizzata) non dovrà turbare lo spirito di comunione. Il parroco potrà comunque, salvo i casi d’urgenza, riproporre la questione fino a trovare il punto d’intesa. Qualora poi non venisse ricomposta la comunione operativa, si potrà ricorrere all’autorità superiore, perché con la sua diretta partecipazione aiuti il consiglio a ritrovarla.

Nel caso di una comunità pastorale, si costituisca un consiglio pastorale unitario. Potrà essere opportuno inizialmente prevedere forme di integrazione e di collaborazione tra i diversi consigli pastorali, fino alla possibilità di costituire un unico consiglio per la comunità pastorale, dopo aver percorso le varie fasi previste per la sua nascita e sviluppo.

3. Composizione del consiglio pastorale (…)

Gli adattamenti locali dovranno comunque evitare che il numero complessivo di consiglieri sia troppo elevato in quanto una dimensione eccessiva del consiglio renderebbe difficile l’esercizio di un confronto adeguato e la valorizzazione dell’apporto di ognuno alle decisioni comuni.

Precisazioni:

  • non va per forza rappresentato ciascun gruppo operante o realtà costituita nell’ambito della parrocchia;
  • vanno rappresentati quei gruppi/realtà che esprimono le scelte pastorali più rilevanti, per cui il CP uscente o il parroco preveda di raggruppare più gruppi/realtà secondo criteri di integrazione pastorale, in modo che ciascun raggruppamento esprima un unico rappresentante in CP; (ad esempio i catechisti, la caritas, il gruppo liturgico ecc.)
  • in caso di comunità pastorale si vedano espressi componenti delle diverse parrocchie;
  • si prevendano rappresentanti per tre fasce d’età: 18-30 anni, 31- 50 anni, 51 anni e oltre.
  • esclusi i membri di diritto, il numero dei membri sia distribuito in modo proporzionato tra gli eletti e i rappresentanti di ambito, se possibile rispettivamente due terzi e un terzo.

4. Modalità di formazione del consiglio pastorale (…)

h. Proclamazione del nuovo consiglio pastorale

I nomi dei componenti del nuovo CP verranno proclamati le domeniche successive in occasione delle celebrazioni eucaristiche. L’elenco dei membri dei due consigli dovrà essere tempestivamente comunicato alla Cancelleria, a cura di ciascun parroco o responsabile di comunità pastorale. Per la segnalazione dei nominativi degli eletti si usufruirà dell’apposito strumento informatico messo a disposizione dalla Curia.

5. Durata del mandato

Il CP dura in carica cinque anni e assolve le funzioni ordinarie fino all’insediamento del nuovo consiglio pastorale.

Le dimissioni di un membro del consiglio devono essere motivate e presentate per iscritto al presidente, cui spetta l’accettazione.

Un consigliere può essere eletto per non più di due mandati consecutivi (dieci anni).

Un consigliere che non partecipi alle convocazioni per tre volte consecutive senza giusto motivo, decade dal suo mandato e viene sostituito dalla presidenza del CP, tenuto conto se è un membro eletto dalla comunità o un membro designato in rappresentanza di gruppi/realtà parrocchiali. Di questi cambiamenti deve sempre essere informato il consiglio intero.

I membri uscenti saranno sostituiti:

  • se trattasi di eletti dalla comunità, con chi immediatamente li segue per numero di voti
  • se trattasi di scelti dal parroco o dagli istituti di vita consacrata, con altre persone scelte dagli stessi.

Durante la vacanza della parrocchia non si interrompe l’attività del consiglio pastorale, che è convocato e presieduto dal Vicario Foraneo o dall’Amministratore parrocchiale. Con l’ingresso del nuovo parroco il consiglio pastorale prosegue il suo mandato e termina alla sua naturale scadenza.

6. Il Presidente

Il presidente del CP è il parroco (can. 536 § 1). Spetta al presidente: convocare il consiglio; stabilire l’ordine del giorno; approvare e rendere esecutive le delibere del consiglio pastorale.

7. Il Segretario

Il segretario è scelto dal parroco, sentito il parere del consiglio, tra i membri del consiglio stesso.

Spetta al segretario:

a) tenere l’elenco aggiornato dei consiglieri, trasmettere loro l’avviso di convocazione e il relativo ordine del giorno entro i termini dovuti, notare le assenze e riceverne l’eventuale giustificazione;

b) raccogliere la documentazione dei lavori;

c) redigere il verbale delle riunioni e tenere l’archivio del consiglio.

8. Le Commissioni

Secondo l’opportunità, il CP si serve di commissioni per i diversi settori dell’attività pastorale. Tuttavia si tenga presente il criterio che “tutti conoscono e sono corresponsabili di tutto”. Non è pertanto opportuno costituire commissioni stabili all’interno del CP. Il CP, qualora lo ritenesse necessario, si rapporta direttamente con i gruppi ministeriali (di formazione o di servizio) e con i responsabili di strutture o di attività particolari. Possono, invece, servire “gruppi di studio” per problemi particolari; questi restano in funzione relativamente alla questione che si affronta.

9. Gli esperti

Qualora fosse necessario, al CP possono essere invitati ‘esperti’ di particolari materie. Questi però non avranno diritto di voto.

10. Le convocazioni

Il CP deve essere convocato almeno 5 volte all’anno.

L’ordine del giorno favorisce il buon funzionamento del CP e va curato con attenzione da parte della presidenza in modo che sui temi indicati sia possibile un reale confronto. È bene sia preparato dal parroco in collaborazione con il segretario e con qualche membro del consiglio.

Il CP viene sempre convocato dal parroco presidente per iscritto, con ordine del giorno concordato in presidenza, con un numero sufficiente di giorni di anticipo per permettere ai consiglieri di prepararsi (almeno dieci giorni). Il consiglio può essere convocato in seduta straordinaria dal parroco o su richiesta della maggioranza assoluta dei consiglieri. I consiglieri che richiedono la convocazione straordinaria dovranno presentare richiesta scritta al segretario, precisando i temi da mettere all’ordine del giorno.

È importante far pervenire a tutti i consiglieri il verbale dell’incontro precedente e la eventuale documentazione sugli argomenti in o.d.g.

I consiglieri hanno facoltà di proporre alla presidenza argomenti da porre all’o.d.g. Lo facciano formalmente per iscritto. È bene informare la comunità degli argomenti trattati e delle conclusioni raggiunte.

Tutti i membri del consiglio pastorale hanno il diritto-dovere di intervenire a tutte le riunioni.

Per la validità della seduta è richiesta la presenza della metà più uno dei membri.

Normalmente le riunioni non sono aperte al pubblico, a meno che non decida diversamente lo stesso consiglio. Quando la seduta è aperta, coloro che non sono membri del consiglio vi assistono senza diritto di parola.

I lavori, sempre preceduti dalla preghiera, potranno essere introdotti da una breve relazione che illustri il tema in oggetto. La discussione è guidata dal parroco-presidente, che stimola la partecipazione di tutti i presenti.

La discussione potrà concludersi con il consenso unanime su una data soluzione, oppure con una formale votazione. In tal caso il voto verrà espresso pubblicamente, eccetto quando si tratti di questioni personali o di elezione.

I verbali del consiglio, redatti su apposito registro, devono portare la firma del parroco e del segretario del consiglio stesso e debbono essere approvati nella seduta successiva.

11. Rapporti con la parrocchia / comunità pastorale

Il CP studierà gli strumenti più idonei per mantenere vivo e sviluppare il rapporto di corresponsabilità e di rappresentatività che lo stringe alla parrocchia/comunità Pastorale. In particolare, darà opportuna pubblicità ai suoi lavori e alle sue deliberazioni attraverso la stampa o i media parrocchiali.

12. Consigli Pastorali di comunità pastorale (…)

Nel caso di una comunità pastorale, si costituisca un consiglio pastorale unitario. Potrà essere opportuno inizialmente prevedere forme di integrazione e di collaborazione tra i diversi consigli pastorali, fino alla possibilità di costituire un unico consiglio per la comunità pastorale, dopo aver percorso le varie fasi previste per la sua nascita e sviluppo. Nella composizione della lista dei candidati si tenga presente la rappresentanza delle parrocchie che compongono la comunità.

13. Assemblea parrocchiale (…)